La rabbia delle mamme, grande tabù della nostra società, che si scontra con il mito della madre perfetta, sempre paziente con i suoi figli, sempre presente e super organizzata, con il sorriso sulle labbra e immersa in uno stato di beatitudine. Questo mito della madre perfetta mi ha ossessionato per un bel po’, sognavo di essere una madre perfetta per i miei figli, sempre attenta, paziente, con la risposta sempre pronta. Poi mi sono scontrata con la realtà e sono diventata una madre spesso arrabbiata, divorata dal senso di colpa.
Un libro molto bello sull’argomento è quello di Alba Marcoli – La rabbia delle mamme: perdersi per ritrovarsi, che raccoglie l’esperienza dell’autrice in gruppi di lavoro con mamme che si sentono stanche, depresse, incomprese, deluse, non all’altezza, ma soprattutto arrabbiate. Queste donne sono persone normali, come me e come altre madri, che hanno affrontato difficoltà nel loro percorso di maternità, ma che vogliono stare meglio e che riescono a farlo grazie al confronto con altre donne e all’ambiente di non giudizio che trovano.
Sentirsi arrabbiata non ti rende una cattiva madre, è un messaggio che va interiorizzato, puoi dirlo, sentirtelo dire, ma per crederci davvero e smetterla con i sensi di colpa è necessario attraversare quella rabbia, accettarla anche se non ti piace e capire cosa ti vuole dire. Solitamente la rabbia è una reazione a ciò che non ci va bene, è un grido di aiuto, se compresa può diventare un spunto per riflettere su se stessi e per conoscere meglio i propri bisogni.
La rabbia alle volte è come una droga e quindi crea dipendenza, mentre ti arrabbi ti arriva una bella scarica di adrenalina, ti senti infuocata, scarichi tutta la tua tensione emotiva, purtroppo, quando l’effetto finisce ti senti molto vuota e confusa. Spesso la rabbia è un automatismo, spesso esplode dopo aver mandata giù molte volte e alla fine l’ultima goccia fa traboccare il vaso e tutto esplode.
Ma perché mi sono chiesta? Perché reagisco in questo modo?
Sicuramente un insieme di ragioni, ma posso individuarne due. La prima motivazione risiede nelle esperienze che abbiamo fatto nella vita e nell’insieme di credenze che mano a mano ci siamo costruiti.. Siamo ciò che abbiamo imparato, sperimentato durante la nostra infanzia, adolescenza, vita adulta, le persone e l’ambiente ci hanno influenzato, abbiamo assunto comportamenti e credenze che ripetute negli anni ci hanno trasformato nella persona che siamo oggi. La buona notizia è che è possibile cambiare questi condizionamenti, con molto impegno e lavoro, ma è comunque possibile!
L’altra ragione è la mancanza di cura di se stessi, il mancato contatto con i propri bisogni e le proprie emozioni. Quando stavo male, mi chiedevano di completare questa frase: qui e ora mi sento…
Molto spesso non lo sapevo, volevo rispondere solo mi sento male. Ma era troppo generico e non diceva un gran che. Come ti senti? Arrabbiata, Furiosa, Triste, Delusa, Confusa, Ansiosa, Angosciata, In un buco nero oppure Felice, In pace, Grata.? Questa consapevolezza è molto importante per poter poi riconoscere i propri bisogni e finalmente mettersi al centro.
Sì perché la verità è che prima vieni tu e poi vengono gli altri.
Oggi credo che sia possibile essere una buona madre per i miei figli, una madre sufficientemente buona come dice Winnicott, questo processo passa necessariamente dall’accettazione di sé e di ciò ci caratterizza e dal riconoscere ciò che può essere migliorato di noi, e ciò che è parte integrante di noi e nel migliore dei casi può essere gestito e rimodellato. Dall’altra parte siamo in cammino, nella maternità, come nella vita e qualsiasi errore e caduta che facciamo non è altro che un pezzo, un frammento, una parte di un percorso in costruzione.